Fotografia e ritmo
La fotografia può imparare dal cinema? Anche se il cinema è arrivato dopo? O dalla buona letteratura? Credo di si! Se un film dovesse raccontare il pomeriggio a casa di una donna sola e triste avremmo: totale interno della stanza incasinata. Dettaglio di una coperta di pile sul divano e l’impronta di un corpo che si è appena alzato. Interno cucina. Dettaglio lavelli con piatti da lavare. Figura intera di una donna in tuta che entra in cucina. Dettaglio di una tazza con dentro una bustina di tè. Liquido fumante. Entrano in campo le mani della donna che afferrano la tazza. Inquadratura dall’alto della donna sul divano con il proprio tè. Dettaglio ciabatte a terra. Televisore che va per i cavoli propri. Ecc… La letteratura lo farebbe con la costruzione delle frasi, con gli aggettivi… Questo sarebbe dare ritmo a un racconto, se il nostro scopo è raccontare qualcosa… Lo dico anche per le mie foto perché la tentazione estetica è sempre lì a fregarmi… Mi è venuto da condividere questa riflessione perché recentemente mi è capitato di fare una benevola critica a Mary Cardamone e a Carlo Columba proprio sul ritmo. Le emozioni, beh, quelle ci sono se noi stessi siamo emozionati quando scattiamo. Ma un buon racconto che metta in luce e in successione gli elementi su cui vogliamo che vada l’attenzione del pubblico… è il minimo sindacale. E come si fa a costruire un racconto con un tale ritmo? Conoscendo prima la situazione, quello che plausibilmente può accadere… Andando prima senza macchina fotografica… E’ la solita storia. Non si può passare, fare click, e sperare di avere qualcosa di valido ed emozionante. Ci sono eventi del tutto nuovi per noi, altri che contengono situazioni tipiche. Dovremmo provare a conoscere o a riconoscere la scena in cui ci muoviamo. Le inquadrature che ho elencato, che raccontano una donna sola e triste a casa, forse sono un clichè, forse si può essere più originali di così… Naturalmente è solo un esempio. Anna Fici